Lei è Ilenia. Vive a Valbondione, in provincia di Bergamo. Ha 29 anni. È incinta. Fa i controlli e gli esami di rito, è tutto perfetto. Sono i primi di marzo. Ilenia ha la tosse, un po’ di febbre, niente di preoccupante, ma il medico consiglia un giro in ospedale. Signora, purtroppo ha un focolaio nei polmoni. Un...cosa? In un attimo la isolano, le fanno il tampone e la ricoverano. Ilenia è frastornata, sente il suo bimbo che scalcia, ha paura. Passa un giorno. La ginecologa la raggiunge e le comunica il verdetto. È positiva al virus, il suo quadro clinico è pessimo. Dobbiamo metterle il respiratore, e purtroppo non può andare avanti con la gravidanza, il bambino deve nascere, subito. Cosa? È solo al sesto mese. I medici sono chiari, in queste condizioni rischiano la vita, entrambi. Non c’è scelta, il tempo di avvisare il marito ed è già in sala operatoria. Un’ora ed è tutto finito. Ilenia apre gli occhi, sente un pianto. È il mio bambino! Cerca di alzarsi, vuole vederlo, accertarsi che stia bene. Non può, non si può. La portano in una stanza vuota e le infilano la testa dentro un casco per l’ossigeno. È sola. Lontana da tutto e da tutti. Si tocca la pancia. Piange. Fino a qualche ora prima, il suo Federico era lì dentro, al sicuro, adesso non sa neanche se è vivo. Il tempo passa. Ilenia fatica a parlare, il rumore del respiratore è insopportabile, l’unico contatto con l’esterno è il telefono. Amici e familiari le scrivono, nel suo paese non si contano più i caduti. Anche i suoi suoceri sono morti. Ilenia non riesce a crederci. Mio marito! Ha bisogno di vederlo, abbracciarlo, asciugargli le lacrime. La sua famiglia sta andando in pezzi e lei è prigioniera all’interno di una bolla. Passano le settimane. Le sue condizioni migliorano, poco alla volta. Anche suoi figlio sta meglio, ma i medici non cantano vittoria. Dov’é? Che cosa sta facendo? Che faccia ha? Le infermiere le mostrano una foto. Federico è così piccolo, attorcigliato tra fili e tubi. Vuole vederlo. La accontentano. Eccolo. Ilenia adagia la sua mano sul vetro. Federico apre gli occhi, si guardano, si riconoscono. È il 18 maggio. È passato un mese e mezzo, Ilenia finalmente prende in braccio il suo bambino, il marito al suo fianco le poggia una mano delicata sulla spalla, escono dall’ospedale e si incamminano verso casa.
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